■ LA MAIEUTICA NEL TANGO
■ LA MAIEUTICA NEL TANGO

LA MAIEUTICA NEL TANGO

Gustavo Naveira, il padre indiscusso,insieme a Fabian Salas e Mariano Chico Frumboli, del "Tango Nuevo", quel rivoluzionario e vitale movimento di studio, che prese vita a partire dagli anni '90 del secolo scorso, afferma: "Il Tango è il ballo più sofisticato che esista".

Dal punto di vista di chi si pone come maestro di questa preziosa disciplina, il Tango Argentino lo si può ritenere un ballo che si può insegnare con facilità, lo si può ridurre ad una mera forma di istruzione di sequenze di passi, oppure è un fenomeno più complesso di educazione artistica e culturale?

Quale è l'atteggiamento più consigliabile che un maestro di tango potrebbe assumere nella propria pratica d'insegnamento per favorire l'apprendimento delle persone che gli si affidano?

Come ci insegnano alcune teorie filosofiche sulle quali non voglio qui dilungarmi, la realtà viene creata a partire dalle parole che vengono utilizzate, le parole producono cioè effetti, sono costitutive della realtà.

Il campo semantico proprio di questi tre verbi, insegnare, istruire, educare, cambia l'attitudine sia di chi assume la posizione del maestro sia di chi invece quella dell'allievo.

L'etimo delle parole ci connette con un significato intrinseco di esse, ad un'azione che il verbo stesso, tramite il suo uso, provoca.

Insegnare è qualcosa che agisce dentro, l'insegnamento ci marchia, s'imprime come un sigillo, lascia impresso un metodo, un approccio alla realtà, è un primo solco che scava dentro di noi e da cui scaturiscono significati che poi ci accompagnano.

Ecco allora come sia importante la competenza del maestro, la sua abilità a rendere digeribile l'indigesto, semplice il complicato.

In musica si usa dire, "dare il la", cioè dare la giusta intonazione; così, anche nel tango è fondamentale che l'allievo riceva un corretto avvio, abbia sin da subito una buona impressione affinché possa innamorarsi di questo ballo, sentendolo come qualcosa che sarà in grado di praticare, che potrà sostenere ed imparare.

Istruire è un verbo che richiama a qualcosa di procedurale, istruzioni che se eseguite portano un risultato programmato, sempre quello.

Il rischio è che, se il maestro nella sua modalità d'insegnamento, fornisce solo istruzioni per eseguire, (se pur al meglio), delle sequenze di movimenti pre-ordinati, si possa rimanere imprigionati in questo approccio schematico, divenendo schiavi di una sorta di modello meccanico d'apprendimento.

Se è pur vero che è importante che alcuni movimenti di base diventino automatici, cioè siano eseguiti con precisione tecnica, questo ci porta ad utilizzare in modo parsimonioso la metodologia suggerita da questo verbo, dato che rischia di entrare in un paradosso.

Infatti, se è vero che il Tango Argentino è un ballo d'improvvisazione, non si possono dare istruzione sull'improvvisazione, essendo quella dell'improvvisare un'arte che scaturisce dalla nube delle potenzialità infinite, e non certo da un manuale d'istruzioni.

Un approccio che prediligo, è legato al senso profondo connesso al verbo Educare, il cui etimo ha a che fare con l'abilità del maestro nell'aiutare il discente a tirar fuori il proprio potenziale, di facilitarlo nell'apprendere un metodo che lo porti ad andare oltre la semplice esecuzione meccanica d'istruzione tout court.

Educare è l'arte mediante la quale, attraverso un'opportuna disciplina, si può aiutare a pensare oltre le strutture di base ricevute, a porsi domande, a diventare curiosi, ad esprimere se stessi, la propria unicità, interpretando proprio a partire dalle basi ricevute, a trarre fuori di sé la ricchezza del proprio mondo interiore.

Ricapitolando, il processo di apprendimento è caratterizzato dal ricevere un insegnamento, dal provare e riprovare ad eseguire le istruzioni ricevute per assimilare strutture di base, il tutto all'interno di un percorso educativo che a mio avviso deve essere stimolante, e personalizzato.

E' si, perché, fortunatamente, non siamo tutti uguali.

Abbiamo corpi diversi, ruoli diversi nel ballo, in quanto uomini o donne, abbiamo modalità di apprendimento diverse, viviamo le emozioni in modo diverso, abbiamo caratteri diversi.

Quello che diventa il perimetro comune deve tuttavia essere legato principalmente a sviluppare l'abilità di ascolto, di se stessi in primis, del partner e della musica.

Prima ancora dell'ascolto serve un'altra dote da mettere in campo,  l'attenzione, perché solo dove poniamo la nostra attenzione la realtà prende forma, viene in esistenza.

Sembra un discorso complicato vero?

Ma eccoti un esempio per renderlo concreto.

Come stai respirando in questo momento?

Come vedi mentre stavi leggendo non ti stavi accorgendo di come respiravi, e neppure sapevi di respirare, tuttavia lo facevi.

Se non poni attenzione a qualcosa, quella cosa, in effetti, è come se non esistesse.

Pe questo motivo è così importante imparare a sviluppare una sensibilità maggiore del proprio corpo, di ciò che avviene momento per momento, chiaramente finalizzato all'apprendimento del Tango, di questo stiamo parlando.

Ecco, proprio grazie all'utilizzare lo strumento chiamato attenzione si può migliorare la conoscenza di se stessi, delle proprie reazioni, di certi meccanismi automatici che bloccano i nostri progressi, solo perché non ci rendiamo conto di ciò che accade, per mancanza di attenzione.

E' si il Tango Argentino è da questo punto di vista una forma di meditazione, ma questo sarà oggetto di un altro articolo.

Imparare a diventare pazienti è un'altra capacità che dovrà essere opportunamente implementata unita alla costanza e alla perseveranza.

Come ogni nuova disciplina che apprendiamo, solo attraverso l'esercizio costante e perseverante infatti, nel tempo, si possono ottenere evidenti miglioramenti.

Un buon maestro deve poi lavorare molto nell'accrescere la fiducia degli allievi in loro stessi, nelle proprie capacità.

Se il maestro non crede lui per primo nel potenziale latente di ciascuno, come potranno crederci gli allievi?

Questa fiducia deve essere genuina, non esistono casi impossibili!

E' il maestro che mette il limite all'allievo, soprattutto se principiante, è sempre il maestro che sceglie di crederci o non crederci, che stabilisce il possibile o l'impossibile, perlomeno finché l'allievo non trova in se le risorse per emanciparsi.

Il maestro non conosce l'allievo, pensa di conoscerlo.

Il possibile o l'impossibile sono solo una proiezione del maestro, un buon maestro è colui che ha la sensibilità di saper toccare quelle corde interiori dell'allievo che lo porteranno a migliorare anche solo un poco, quel poco che farà salire la sua fiducia in se stesso e nei sui mezzi.

Chiaramente ci sono persone che hanno una maggior predisposizione e facilità, altre che incontrano più ostacoli.

Ma l'esperienza mi dice che la difficoltà maggiore sta nel sintonizzarsi in modo diverso con ogni interlocutore, perché l'approccio che funziona con uno, non è detto che funzioni parimenti con un altro.

Per questo un buon maestro è socraticamente quello che non impone le sue verità ed il suo credo, ma si mette al passo con l'allievo, e crea le condizioni ideali, un terreno più fertile, perché egli, come una pianta amata e curata, possa sviluppare e far fiorire il proprio talento.

Ed infine, il maestro socratico, la cui arte maieutica è stata ben agita, è colui che accetta il momento in cui l'allievo lo supererà, Freud direbbe che il figlio uccide il padre, simbolicamente; quel momento fatto di stupore di soddisfazione perché il maestro è stato fonte d'ispirazione, e un buon albero si riconosce dai frutti che genera.

Paolo Savoli

 

Alkimia Tango Project
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